Su nenniri di Adone.

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“Il mercoledì santo, Concezione preparò nella chiesetta il Sepolcro di Nostro Signore. Poco più sotto i gradini dell’altare stese un’antica coperta filata e tessuta dalla nonna del padre (..). Vi depose al centro il crocefisso di legno, che il resto dell’anno rimaneva appeso, stanco e rassegnato, alla parete nell’angolo della chiesa. (..) Sette piattini fondi, dove ella aveva fatto germogliare nell’acqua un po’ di grano, furono collocati, come diadema di rinascita, intorno alla testa del Cristo: era bianco, il grano, e odorava di amido: come simbolo poteva andare, ma sarebbe stato troppo melanconico, quasi innaturale, come i capelli dei neonati, cresciuti nel buio delle viscere materne, se in sette bicchieri di vetro, uno diverso dall’altro, non avessero riprodotto i colori dell’arcobaleno i primi fiori dell’orto e quelli del ciglione sopra la valle: viole, narcisi, violacciocche, margherite bianche e arancione, e pervinche nel colore cielo di marzo”.
Adone era di una bellezza insostenibile per chiunque lo guardasse. Dee comprese. Generato da una fenditura della corteccia, il dio della vegetazione fu rinchiuso dalla dea dell’amore in uno scrigno affidato a Persefone, che sedotta dalla bellezza senza pari del giovane, lo fece suo. Toccò a Zeus dirimere la contesa tra le due divinità: quattro mesi Adone avrebbe trascorso con Afrodite, dea della fertilità primaverile, e quattro con la potnia del mondo sotterraneo, Persefone. I restanti quattro mesi con chi lui più desiderasse. La scelta del giovane dio, però, ricadeva sempre su Afrodite che lo pianse senza consolazione quando, sul finire dell’estate, il giovane venne ucciso da un animale selvatico. Ma la bellezza trovò comunque la via della rinascita: dalle gocce del suo sangue nacque un meraviglioso fiore, l’anemone. Eppure per secoli il suo culto, dall’Asia Minore alla Grecia, fu legato più alla sua essenza di dio della vegetazione che alla sua bellezza e, nei “giardini di Adone”, erano custoditi vasi con germogli di cereali e ortaggi, non anemoni. Alle donne che piangevano la morte di Adone tenendo in mano i vasi di piante appassite, spettava l’onere della sua resurrezione: in una sacra dieta, i vasi venivano rovesciati nei fiumi e nelle sorgenti: il dio rinasceva e con lui un nuovo ciclo della natura trovava compimento. Donne officianti, come nella più antica tradizione del culto alla Dea Madre. Come fino a pochi decenni fa a Samugheo, dove le giovani del paese, eletta una prioressa, ne facevano la sposa predestinata a cui spettava il compito di custodire il promesso sposo: su nenniri. Un vasetto di bianchi germogli di grano, adornato con stoffe preziose, condotto in processione dalla fanciulla prescelta per la ierogamia, che veniva infine gettato da un precipizio. E così il corteo nuziale si trasformava in cerimonia funebre, con la giovane vedova che attitada, intonando “is frores de mortu”. A morire era un dio, Adone, imago della vegetazione, della natura che rinasce ciclicamente, dopo essere stato custodito nel ventre di Proserpina nei freddi mesi invernali. Nel buio dell’oltretomba, la dea lo protegge e lo nutre: Persefone, figlia della Madre Terra, Demetra, e sposa del sovrano dei morti, Ade, dispensa la morte e concede il risveglio alla vita. Nella trasposizione cultuale del mito, dunque, Adone diventa il seme di grano (meno spesso orzo o legumi) che deve essere tenuto al buio e sacrificato per garantire lo svolgersi regolare dei cicli vegetativi.
Le tre le settimane d’incubazione del grano, nel sincretismo religioso cristiano, divennero figuradei tre giorni che separarono la morte di Cristo dalla sua Resurrezione. I l gesto di Concezione, reso immortale da Grazia Deledda, nella semplicità del rispetto della tradizione, cela un mistero dimenticato, un rito pagano ammantato di candore e speranza. Il sangue versato da Adone aveva generato l’anemone, fiore di Primavera. Il sangue di Cristo regalò all’umanità la fiducia nella vita eterna, ma solo dopo la sua discesa agli inferi, dove Adone dimorava per un quarto dell’anno. E la gioia Pasquale ben si sposava con il giubilo di Afrodite che riportava alla vita il suo amato, strappandolo alla regina dell’Ade, in un luminoso giorno di primavera.
Ma Concezione non conosceva Adone. Come le fanciulle di Samugheo o di San Sperate, ripeteva inconsapevolmente un rituale tramandato da generazioni di pagani prima e cristiani poi: abbellendo il sepolcro di Cristo con su nenniri, garantiva che la ruota della vita non si interrompesse e che la promessa di una vita oltre la morte venisse mantenuta.