I Templari arrivarono anche in Sardegna

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Chiaroscuri crepuscolari, tinti dei colori vividi del sole di mezzogiorno. C’è un ossimoro insito nella storia che, pur senza snaturarsi del tutto, si risolve nel dispiegarsi ciclico del mito. Così i pauperes commilitones Christi divennero i protettori del luogo sacro per eccellenza, tabernacolo di tesori e divinità: il Tempio di Salomone.

Le origini. Teatro della nascita dell’ordine dei Templari fu la Terra Santa martoriata dalle guerre di religione per antonomasia: le crociate. A partire dall’XII secolo, infatti, le più importanti mete del pellegrinaggio biblico divennero baricentro delle guerre tra forze cristiane e islamiche, rendendo di fatto fortemente rischiosi i percorsi devozionali dell’epoca. Sorsero così nuovi ordines cristiani con lo scopo precipuo di difendere i luoghi santi e i devoti, troppo spesso oggetto di assalti e furti. Ma si era in guerra e chi meglio dei cavalieri avrebbe potuto garantire l’incolumità dei fedeli di Cristo? Ufficializzato grazie a Bernardo di Chiaravalle solo nel 1129 – ma già operante da qualche decennio – l’ordine dei pauperes commilitones Christi templique Salomonis assunta una regola di tipo monastico, fece suoi i tre voti canonici di obbedienza, povertà e castità e se ne attribuì un quarto, “stare in armi”. Cresciuto in potere e ricchezza al punto di gestire un sistema bancario ante litteram, il semplice mantello bianco adottato dai templari incarnò l’eterna contraddizione della Chiesa Romana mendicante dallo scettro d’oro, foriera della pace di Dio con la spada in mano.

La veste. «Noi non vogliamo assolutamente che appaiano, in nessun modo, né oro, né argento, che risaltino la ricchezza dei particolari… Se si tratta di vecchi ornamenti donati per carità, che si oscuri l’oro e l’argento, in modo che il loro splendore e la loro lucentezza non sembrino agli altri un atteggiamento di arroganza». L’austera sobrietà era il diktat della Regola templare anche nella divisa: una semplice sopravveste bianca, nera o bigia con croce patente rossa, ricamata sul lato sinistro e un mantello bianco erano i segni distintivi dei templari. La tunica era sempre accompagnata da una cintura e dal budriere.

La morte dell’ordine. In un processo per eresia tenutosi dal 1307 al 1314 istituito dal Papa Clemente V, in seguito alle fortissime pressioni del re di Francia Filippo il Bello, i templari vennero accusati di ogni genere di nefandezza: dall’idolatria alle pratiche demoniache, dalla sodomia ai riti iniziatici con lo sputo sul Crocefisso. Dopo la tortura e la confessione li attese una morte terribile sul rogo. Secondo la tradizione il Gran Maestro profetizzò la morte entro l’anno dei due responsabili della sua tragedia: trentasette giorni dopo il supplizio morì Clemente V, otto mesi dopo toccò al Re di Francia. Il Tempio in Sardegna. La presenza templare in Sardegna è da tempo oggetto di discussione fra gli studiosi e gli appassionati. Poche certezze e molte suggestioni. Fra le certezze si annovera il sicuro influsso culturale e politico che nei secoli XII-XIV ruotava intorno alle Crociate e alle correnti di pellegrini verso i maggiori luoghi di culto della Cristianità che portarono alla realizzazione (anche nell’Isola) di strutture talora solo stilisticamente influenzate, talaltra direttamente collegata a quel nuovo ideale religioso.

Le fonti documentarie. Tra le fonti più importanti si possono annoverare i Condaghi, veri e propri registri amministrativi di chiese o comunità religiose in uso fra l’XI ed il XIII secolo in cui comparivano inventari e annotazioni, atti notarili e giudiziari. Particolare interesse riveste il condaghe laico del giudice Barisone II di Torres, sovrano del Logudoro che enumerava le donazioni fatte a favore dell’Ospedale di San Leonardo di Bosove nel 1190. Alcuni dei nomi riportati in questo documento sembrano chiaramente indicare l’appartenenza all’ordine del tempio: Iohanne dessu Templu; donnu Furatu Solina, prebiteru dessu Templu. Così pure nel condaghe di Santa Maria di Bonacardo dove si ricorda un prebiteru Terico Arras, capridanu de S.Corona cui era stato attribuito l’ufficio di serbire in Templu de S.Corona. Da altre fonti si è a conoscenza della consanguineità di Terico Arras con il cavaliere templare francese Matteo d’Arras che fu arrestato nell’ottobre 1307. Ma l’attestazione incontrovertibile della presenza templare in Sardegna si deduce dal documento pontificio con cui Papa Innocenzo IV nominò nel 1249 legato pontificio l’eletto turritano, con il preciso incarico di privare dei privilegi i religiosi dell’Isola che fossero disobbedienti alla Chiesa, chiedendo ai Templari di Sardegna di fornire tutto l’aiuto necessario. Inoltre con una lettera dell’agosto 1255 i Cistercensi, Templari e gli Ospitalieri di San Giovanni e di Altopascio, presenti in Sardegna, furono esentati dal versamento di contributi per il castello di Girapala. Nel 1257 nella cosiddetta guerra di San Saba i Templari e gli Ospedalieri di San Giovanni furono avversari in opposte fazioni ad Acri, in Libano. Gli echi di questa contesa giunsero anche nell’Isola se Papa Alessandro scrisse ai responsabili dei cavalieri Ospitalieri e Templari che si trovavano in Sardegna «affinchè entrassero in possesso di Santa Igia, e ne facessero uscire i Genovesi che la difendevano, e i Pisani, che la combattevano».

Monumenti.  Se le fonti documentarie sono ricche di testimonianze dell’intervento templare in Sardegna, poche sono le testimonianze monumentali che ne raccontano la permanenza. In provincia di Sassari ricordiamo la Chiesa di Santa Maria di Bonarcado, e soprattutto la chiesa di Santa Maria della Mercede a Norbello, databile al 1228 e attribuita ad architetti di un ordine crociato. Sulle pareti laterali interne, infatti, sono leggibili non solo le iscrizioni dei committenti, Barisone e Dorgotorio Pinna – considerati cavalieri templari – ma numerosi simboli dell’ordine dalla zampa d’oca ai pesci contrapposti. A Cagliari numerose sono le allegorie templari – lo scudo con la croce templare a T presente su una lapide funeraria, lo scudo raffigurante l’asino con le dita, e lo scudo col simbolo dell’albero deradicato – nella Chiesa di San Domenico (ex Sant’Anna di Villanova) ancora oggi presenti sulle pareti del tempio. Nel Nuorese la presenza templare è rintracciabile a Dorgali nel monastero di Giovanni Su Lillu o Sollili, e Santa Maria Maddalena di Torpeia. San Leonardo. Ma è certamente la chiesa di San Leonardo, a Santulussurgiu, la più celebre che conferma il passaggio dei Cavalieri Templari in Sardegna. Nel XII secolo l’intero complesso formato da un ospedale e un oratorio era affidato ai monaci benedettini, cui subentrarono i Templari, che fecero del primitivo stanziamento una fiorente precettoria, con annesse vaste e ricche proprietà nei dintorni. Oggi rimane solo un piccolo edificio di culto e la struttura dell’ospedale, che è sotto la responsabilità dei Cavalieri di Malta. La leggenda vuole che proprio nel convento di San Leonardo de Siete Fuentes terminasse i suoi giorni Guelfo della Gherardesca, uno dei figli superstiti del Conte Ugolino, la cui famiglia aveva vasti possedimenti nell’isola.